Autore:
Dr. Monti
Massimiliano
La
prolattina è un ormone prodotto da una ghiandola denominata ipofisi che
si trova all'interno della scatola cranica al di sotto degli emisferi
cerebrali. In condizioni di normalità la sua funzione è quella di
regolare la produzione del latte, da parte della mammella, nel periodo che
segue il parto (puerperio). La prolattina ha inoltre un ruolo nei
meccanismi adattativi dell'organismo allo stress.
Si
definisce iperprolattinemia un aumento persistente dei livelli ematici di
prolattina.
Cause
L’iperprolattinemia
può avere più cause. Una di queste è la presenza di un “adenoma
prolattino-secernente” a livello della ipofisi, che come già detto, è
una piccola ghiandola posta nella scatola cranica “al di sotto del
cervello”. Un adenoma è una piccola formazione che può appunto
produrre prolattina.
Esistono
anche altre cause di iperprolattinemia fra cui l’ipotiroidismo (ridotta
funzione della tiroide), l’assunzione di determinati farmaci, problemi
renali, problemi epatici. L’iperprolattinemia può essere inoltre
presente in altre patologie di ambito endocrinologico (ad esempio
l’acromegalia ovvero una abnorme produzione di GH - l'ormone della
crescita -) o ginecologico (un lieve aumento della prolattina si ha nella
sindrome
dell’ovaio policistico).
Sintomi
I
sintomi derivanti dall’iperprolattinemia dipendono dalla patologia di
base (ad esempio un adenoma ipofisario crescendo può determinare problemi
visivi più o meno gravi per compressione del cosiddetto “chiasma
ottico”, determinare cefalea, oppure determinare alterazioni
ormonali, anche severe, per compressione di altre zone della ipofisi)
e dagli effetti della prolattina; fra questi ultimi le
alterazioni del
ciclo mestruale, la "mancanza di ovulazione" (anovulazione)
che porta a
infertilità,
la possibile secrezione di latte dal capezzolo. Il quadro di
alterata secrezione ormonale può portare inoltre con il tempo ad osteopenia
(diminuzione della massa ossea) ed in seguito ad osteoporosi
(diminuzione accentuata della massa ossea).
Riguardo
l’infertilità
questa non dipende dalla durata dell’iperprolattinemia ma dalla sua
presenza; per questo motivo viene corretta se vengono normalizzati i
livelli di prolattina.
I
disturbi sopra riportati sono controllabili e spesso risolvibili solo con
idonee terapie prescritte, a seconda della patologia di base, dallo
specialista. E'
chiara quindi l’importanza di una corretta diagnosi per la successiva
istituzione di idonee terapie.
Diagnosi.
Accurata
raccolta dei dati clinici: permette ad esempio di sospettare una
iperprolattinemia da farmaci. E' inoltre dirimente per la scelta degli
esami da effettuare.
Pulsatilità
della prolattina: serie di prelievi a distanza di 10-15 minuti l'uno
dall'altro (applicando una flebo) con dosaggio dei valori di prolattina.
Ha la funzione di escludere una "iperprolattinemia da ago"
ovvero una reazione abnorme del soggetto, in termini di stress e
produzione di prolattina, al prelievo di sangue.
Test
al TRH: si somministra per via endovenosa del TRH (un ormone che in
condizioni normali stimola la produzione di prolattina e TSH da parte dell'ipofisi. Il
TSH a sua volta stimola la funzione della tiroide) e si vedono gli effetti
sulla produzione di prolattina. Normalmente la prolattina dovrebbe
aumentare notevolmente. Una scarsa risposta suggerisce la presenza di una
patologia ipofisaria da approfondire con l'utilizzo della Risonanza
Magnetica Nucleare (RMN).
Dosaggi
ormonali: per escludere eventuali altre patologie endocrine associate.
Esami
ematochimici generali: per escludere eventuali patologie epatiche o
renali.
Risonanza
magnetica nucleare (RMN) della ipofisi e della sella turcica (la
piccola fossetta ossea che accoglie l'ipofisi nel cranio): esame
fondamentale e dirimente nel caso gli accertamenti suddetti non abbiano
suggerito una possibile diagnosi. Permette di evidenziare con grande
precisione adenomi ipofisari anche di piccole dimensioni.
Terapie
Le
terapie dell'iperprolattinemia sono diverse a seconda della causa. Nelle
iperprolattinemie idiopatiche (senza una causa apparente dopo che tutti
gli esami sono stati effettuati), si utilizzano generalmente farmaci in
grado di diminuire la secrezione di prolattina (cabergolina ecc.). La
normalizzazione dei livelli dell'ormone si associa a risoluzione dei
sintomi correlati. La terapia viene effettuata a cicli o direttamente per
periodi più o meno lunghi. In alcuni casi alla sospensione della terapia
si ha il mantenimento dei livelli ematici di prolattina nei limiti della
norma.
In
caso di piccoli adenomi ipofisari la terapia è la stessa con l'esecuzione
di periodiche RMN di controllo al fine di valutare l'efficacia della
terapia e la riduzione volumetrica dell'adenoma. In alcuni casi gli
adenomi scompaiono definitivamente. In altri casi possono recidivare e
necessitare quindi di successivi cicli di terapia.
Gli
adenomi ipofisari di maggiori dimensioni vengono invece affrontati
chirurgicamente. Moderne tecniche chirurgiche (accesso per via
transfenoidale - ovvero attraverso una cavità che si trova nell'osso
sfenoide, che si raggiunge attraverso il naso -) permettono di ottenere ottimi
risultati con rischi contenuti, se effettuate in centri di provata
esperienza.
Negli
altri casi di iperprolattinemia la terapia è quella della patologia di
base.
In
generale va detto che non sempre le terapie risultano risolutive del
quadro clinico ma sono sicuramente in grado di migliorarlo e di prevenire
le eventuali complicanze.
Dal
momento che le terapie possibili, chiarita la diagnosi, sono molteplici è
importante rivolgersi, sia per la diagnosi che la terapia, a medici
competenti in materia (ginecologo o endocrinologo per la diagnosi e la
terapia medica, neurochirurgo per la eventuale parte chirurgica).
E’
fondamentale che il problema venga seguito in maniera costante e
professionale in quanto sottovalutare una iperprolattinemia potrebbe
portare a complicanze anche serie peraltro evitabili con adeguate terapie.
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