Si parla di infertilità di
coppia, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.),
quando una coppia non riesce a procreare dopo 12-24 mesi di rapporti
volutamente fecondi.
Si stima che circa l’
8-10% delle coppie abbia problemi di
infertilità, con un’incidenza causale
del fenomeno uguale per gli uomini e per le donne. E’ ormai abbastanza
diffusa presso la comunità scientifica la classificazione della inferilità
intesa come patologia dell’uomo, della donna o della coppia.
L’infertilità si pone come “una crisi di vita” (Menning) che coinvolge, su
diversi piani esistenziali, sia l’individuo che la coppia, dando luogo a
vissuti di frustrazione, stress, senso di inadeguatezza e perdita. Queste
difficoltà psicologiche accompagnano costantemente il fenomeno della
sterilità, ma non è ancora chiaro se una specifica condizione psicologica
preesistente possa indurre infertilità o se piuttosto non sia l’esperienza
stessa dell’infertilità a produrre una specifica condizione psicologica.
E’ più corretto, quindi, considerare l’infertilità come una condizione che
si svolge nel tempo e che ha una sua evoluzione psicologica in
concomitanza con le varie fasi dell’iter diagnostico e terapeutico.
Tuttavia non si esclude che la componente psico-emozionale possa incidere
sulla fertilità con meccanismi diversi, attraverso il sistema
neurovegetativo e neuroendocrino in particolare, creando disfunzioni acute
e croniche.
Probabilmente in molti
casi le componenti somatiche e psicologiche sono inseparabili e ciò induce
a considerare una multifattorialità di cause nella eziopatogenesi
dell’infertilità.
Al momento della comunicazione della diagnosi di infertilità si può
verificare, nella coppia, una sequenza emotiva caratterizza all’inizio da
sorpresa, poi da negazione, rabbia, isolamento, vergogna e colpa, quindi
può presentarsi la rassegnazione. Altre volte il tentativo di ripristinare
la funzione procreativa ad oltranza, con qualsiasi mezzo disponibile,
prende il sopravvento al sentimento di rassegnazione.
La maggior parte delle
coppie che ricevono una diagnosi di questo tipo sembra reagire rinforzando
il legame affettivo che li unisce, attivandoli nella prospettiva di
superare, insieme, il disagio indotto dalla presa di coscienza della loro
difficoltà procreativa.
In un limitato numero di coppie, la comunicazione della diagnosi di
infertilità genera una crisi.
Facciamo un passo indietro; per capire come una coppia possa vivere certi
eventi è necessario prima chiarire cosa si intende con il termine coppia:
è l’espressione di un’aggregazione affettiva tra due soggetti, basata su
un progetto esistenziale più o meno esplicito e manifesto. Alla base della
coppia possono esservi in gioco processi fondamentali come quelli della
sicurezza, del riconoscimento, dei bisogni, dei desideri reciproci,
dell’appoggio narcisistico di valenze fantasmatiche come ad esempio il
desiderio di immortalità, che si esprime prevalentemente tramite la
procreazione.
Molto spesso la progettualità fondante la coppia più o meno
inconsciamente, può essere non il desiderio ma la necessità di avere un
figlio, per dirlo con altre parole la coppia non si sente tale se da diade
non riesce a diventare triade. La crisi che nasce dall’impossibilità di
realizzare questa necessità coinvolge sia i due partner singolarmente che
la dinamica della coppia, questo accade ancor di più in quelle coppie che
si formano come sistema difensivo.
Questo tipo di coppia può stare insieme:
-
Come lotta alla
depressione, si sceglie di avere un partner per vincere la solitudine;
-
Come lotta al
coinvolgimento eccessivo, si razionalizza tutto, anche la scelta del
partner e quindi il matrimonio e la gestazione;
-
Come desiderio di
immortalità, si cerca di annullare un passato negativo progettando il
futuro.
E’ in queste tre
dinamiche che l’infertilità genera più facilmente la crisi, non si riesce
a vivere il problema come qualcosa di risolvibile ma si innesca una
situazione di stallo della coppia che si manifesta a due livelli diversi,
intrapsichico e relazionale.
Sul piano intrapsichico la reazione più frequente è di tipo depressivo:
l’infertilità è vissuta come un deficit personale, abbassando
ulteriormente un’autostima già labile; oppure si hanno forti sensi di
colpa verso il coniuge, si teme di averlo deluso e privato di qualcosa.
Molto comune è anche la tendenza ad auto-colpevolizzarsi, ancor più in
quelle donne che hanno avuto un aborto.
Un’altra dinamica frequente
è la negazione: soprattutto nell’uomo, si esperisce un senso di impotenza
intesa come incapacità sessuale, molto spesso in risposta a questi
sentimenti inizia un’attività sessuale frenetica e/o promiscua, quasi a
conferma delle proprie doti.
Nella dinamica relazionale le due modalità più frequenti sono quelle di
colpevolizzare l’altro, spesso con argomentazioni assurde e fantasiose,
oppure viverlo come insufficiente e deludente.
Facendo una distinzione di vissuti uomo/donna possiamo dire che,
nell’ottica femminile manifestare difficoltà procreative, significa
sentirsi deprezzate ed escluse dal mondo fertile. I sentimenti associati
alla condizione di sterilità certe volte fanno sì che la donna finisca con
l'isolarsi dai rapporti sociali. Quando sempre più amiche mettono al mondo
un figlio, la donna sterile trova conferma della propria convinzione.
Molte delle donne
sterili detestano che si facciano domande sui progetti per mettere su
famiglia. Alcune mentono, affermando di aver scelto di non aver avuto
figli. Altre si giustificano dicendo di non essere ancora pronte, per
ragioni economiche o di lavoro. Le donne considerano come una specie di
offesa vedere che altre donne riescono ad avere figli con grande facilità
e spesso senza nemmeno "meritarli".
I commenti fatti dagli
estranei, di solito per distrazione, possono essere molto dolorosi, perché
minimizzano la gravità della situazione. A volte questo dolore si può
trasformare in rabbia. Certe donne non sanno che le emozioni "fastidiose"
come la rabbia, invidia, l'imbarazzo, la vergogna, i sensi di colpa, ecc.,
sono una componente assolutamente normale della loro condizione di
sterilità, tanto quanto i problemi fisiologici.
Le donne non devono soltanto affrontare gli estranei ma anche i loro
stessi sentimenti: quando una donna presenta difficoltà nel mettere al
mondo dei figli, la sua autostima ne potrebbe risentire.
Il senso di colpa e un sentimento molto comune. Spesso familiari e amici
rafforzano il senso di colpa dando una serie di consigli che alludono al
fatto che la causa della sterilità sia dovuta ad un particolare
comportamento della donna: "lavori troppo…", “forse dovresti dimagrire un
pò…", "forse dovresti ingrassare un pò…", ecc.
Alcune donne possono
arrivare a seguire tutti questi consigli nella speranza di riuscire a
concepire. Altre possono soffrire in silenzio per convincersi poi che la
sterilità sia una punizione per chissà quali peccati commessi in passato.
L'auto-commiserazione è il risultato di questo atteggiamento che le donne
hanno verso se stesse: "se soltanto NON avessi usato la pillola…"; "se
soltanto NON avessi abortito…"; "se soltanto NON avessi aspettato tanto
prima di provarci"…..
Quando nella diagnosi medica si evidenzia il fattore maschile della
sterilità, le donne scoprono che è più difficile da spiegare agli estranei
e più umiliante per il compagno. Alcune donne proteggono i mariti
definendo la sterilità come "…un nostro problema", in altri casi se ne
assumono addirittura la completa responsabilità
Malgrado le reazioni di un uomo siano solitamente più "silenziose",
possono essere molto simili a quelle della donna. Nel momento della
comunicazione della diagnosi di sterilità da parte del medico, la prima
sensazione può essere di shock ed incredulità. Ci possono essere uomini
che si sentono come insultati quando il medico prospetta l'ipotesi che il
problema sia di natura maschile. Essi possono convincersi che il dottore
possa aver confuso i loro risultati con quelli di un altro; ma quando la
fondatezza della comunicazione diventa evidente, nell'uomo può esplodere
il rifiuto della diagnosi. Per alcuni uomini questo può significare
perdere per la prima volta il controllo sulla propria esistenza e la
capacità di poter scegliere, in prima persona, il proprio destino.
Generalmente gli uomini tendono a non pensarci e non si concedono di
riconoscere e vivere le emozioni relative al problema. Certi uomini
possono concentrarsi sul lavoro: l'improduttività in un campo viene
compensata dalla superproduttività in un altro. L'attività lavorativa, se
portata avanti senza un eccessivo coinvolgimento, potrebbe consentire di
"dimenticare" i sentimenti negativi su se stessi, ma offrendo
gratificazioni parziali e limitate ad un solo aspetto dell'esistenza.
Per gli uomini il sesso può essere confuso con la riproduzione. A seguito
di una diagnosi di infertilità, potrebbe verificarsi un periodo di
difficoltà erettive del pene.
Questo fenomeno può manifestarsi in concomitanza con la metà del ciclo
mestruale della propria compagna e per l'urgenza di avere rapporti
sessuali ad ogni costo in dati giorni del mese.
La programmazione dei rapporti sessuali, così come l'urgenza, non giovano
affatto al piacere legato a fare all'amore.
In risposta a questi fenomeni, senza intervento di sostegno alcuno, si ha
frequentemente la rottura della coppia e ancor più un progressivo
disinteresse reciproco sia sul piano affettivo che individuale.
Si auspica ormai un approccio olistico a questo tipo di problema, dove la
consulenza psicologica affianca i programmi diagnostico terapeutici. La
consulenza non si pone soltanto come contenimento dell’ansia e della
frustrazione sviluppata ma anche come efficace mezzo di prevenzione delle
sequele psicologiche e psicosessuali.
Gli obiettivi della consulenza alla coppia infertile sono principalmente
tre:
1. Accurato esame della situazione psicologica e relazionale (sia di
coppia che individuale).
2. Cercare di minimizzare l’impatto degli eventi medici e fisici che la
coppia dovrà affrontare, attraverso l’informazione costante e il totale
accoglimento dei sentimenti di tristezza, colpa etc.
3. Identificare le situazioni a rischio, selezionando per ogni singola
coppia il trattamento adeguato.
Si reputano adeguati quindi svariati approcci terapeutici: terapia
sessuale e di coppia; gruppi di sostegno; tecniche di rilassamento;
terapie cognitive-comportamentali; etc.
Un sociologo
ironicamente ha paragonato la coppia ad un ponte che, costruito per
romantiche passeggiate, si pretende poi di utilizzare per far passare
grossi camion da trasporto. Può sembrare banale dirlo ma all’interno di
una problematica già tanto complessa come l’infertilità, è necessario
mettere dei solidi puntelli (dialogo, apertura mentale, stima reciproca) a
quel ponte per far si che regga.
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